lunedì 5 marzo 2012

Attrezzare l'idea del Pd (1): ricostruire la fiducia interna

di Luigi Brossa

Il sistema politico italiano non funziona e il governo Monti, voluto assai prima dai mercati che dagli italiani, nè è al tempo stesso la dimostrazione e la possibile soluzione.

La crisi è ben rappresentato da due indicatori: il peso del debito pubblico e lo spread. Uno di stock, uno di indirizzo.

Il sistema politico ha invaso da tempo, troppo tempo, uno spazio che non può, non deve invadere, quello della formazione del consenso. Lo ha fatto sostituendosi molto spesso, attraverso un uso distorto e non limpido della spesa pubblica, nella libera formazione di quel consenso, non accompagnandone ed aiutandone lo sviluppo, ma acquistandolo, obbligandolo. Su questa drammatica contraddizione è già crollato un sistema politico, quello della prima repubblica, corriamo il rischio di assistere ad un nuovo crollo.

A motivare questa riflessione non sono solo ragioni morali o legali, ma la stessa razionalità economica che osserva come quel consenso viene acquistato a sempre maggior prezzo (il debito), proteggendo in modo esasperato i principali clienti del sistema, sino a diventare insostenibile per il futuro (spread).

Il Pd nasce con l'ambizione di superare e risolvere le contraddizioni del processo di legittimazione che ho descritto, sottraendola alle cerchie sempre più ristrette, e riportandolo attraverso le primarie nel vivo del confronto vasto egualitario e democratico .

Parallelamente il Pd intende assumere quel ruolo preminente nel centrosinistra (la cosiddetta vocazione maggioritaria) senza il quale non è possibile pensare alla democrazia bipolare. Non è possibile infatti appoggiare la democrazia bipolare su strutture che non abbiano dimensioni e solidità tali da reggere un vivace dibattito interno che porti a formulare, senza scissioni, senza disobbedienze gridate, senza veti, senza innumerevoli principi non trattabili, una linea politica. Non si sottovaluti, ancora una volta, questa condizione necessaria all'affermarsi del bipolarismo, pensando che tutto si risolva solo con il dibattito delle idee.

Quell'idea però ha subito, con la fine dell'esperienza Veltroni e con la segreteria Bersani una seria battuta di arresto. Una sorta di panico ha investito la grande struttura organizzata (non solo il partito, ma tutte le realtà associative, cooperative, amministrative, ecc. connesse) riportandola verso il passato. Paura di perdere le sicurezze e le posizioni di prestigio.

L'idea del PD però è nata, si tratta ora di attrezzarla, come una via in parete, una ferrata.



Frequento il partito (movimento, pci, pds, ds, pd) da tanti anni e della sua sopravvivenza ormai non mi curo più. Non perchè penso che possa sparire, ma perchè penso che sia necessariamente destinato a cambiare.

Passeranno elezioni e non resterà ciò che è stato, ne ciò che è.L'idea del bipolarismo ha fatto breccia, nell'esperienza corrente, nella vita quotidiana, nelle amministrazioni locali, come nelle coscienze dei cittadini.

L'idea del bipolarismo cancella il partito comunità, il partito casa, il partito che protegge, che occupa, che consola, che sottrae libertà per riconsegnare sicurezza.

Ma proprio questa progressiva scomparsa ci pone un nuovo problema: come regolare i rapporti politici per garantirne la qualità e sopratutto per garantire quella fiducia reciproca, tra i diversi contraenti del patto dentro il partito. Quella fiducia che sola può permetterci di reggere i problemi che in sede di attuazione delle politiche possono sorgere. Senza la solidità di cui parlo, ogni singola protesta diventa l'occasione per prendere le distanze, rallentare i processi di cambiamento, rimandarli e restare fermi. Mentre gli altri si muovono. E' quel che ci sta succedendo da decenni: il paese non cambia, non si adatta ai nuovi comportamenti, anzi, li ostacola. Esempi? Le coppie di fatto, il lavoro flessibile, il fine vita, la sicurezza per chi perde il lavoro, il sostegno all'attività imprenditoriale, il costo e l'ingresso nel mondo delle professioni ...

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