giovedì 27 dicembre 2012

Noi che .... Renzi


Noi  che abbiamo immaginato il cambiamento della politica con la nascita del Partito Democratico.

Noi che abbiamo contribuito in questi anni a dar vita ad un messaggio di rinnovamento nei modi, nei contenuti e nei programmi.

Noi che abbiamo dagli inizi sostenuto la candidatura di Matteo Renzi e che abbiamo contribuito ad elaborarne il programma.

Noi che abbiamo fatto crescere i comitati per Renzi perché abbiamo sempre creduto che la politica non si fa solo nei partiti, che abbiamo voluto allargare la partecipazione per dare spazio alle tante persone anche non iscritte a partiti che, sostenendo la candidatura di Matteo Renzi, hanno contribuito al successo delle primarie del centrosinistra.

Noi che siamo convinti che gli eletti siano al servizio dei cittadini e non il contrario e che gli amministratori siano un valore aggiunto da usare non da umiliare.

Chiediamo a tutti i candidati alle primarie del parlamento che si sono riconosciuti nella proposta di rinnovamento e riformismo autentico rappresentato da Matteo Renzi, di dichiarare pubblicamente che saranno i promotori e i sostenitori di tutte le battaglie rappresentate dall'agenda Renzi e che si adopereranno da subito per concepire modi nuovi di relazione coi cittadini: attraverso forme di comunicazione trasparenti e "bidirezionali".

Su queste basi chiediamo a tutti i cittadini elettori delle primarie del centrosinistra che hanno riconosciuto in Matteo Renzi la forza del cambiamento, di sostenere e votare quei candidati che quell'agenda sosterranno. 

In Provincia di Torino vi chiediamo di sostenere Silvia Fregolent e Stefano Lepri

Torino, 27 dicembre 2012,
Rete Comitati Renzi Torino e Officine Democratiche Torino

martedì 4 dicembre 2012

Noi continueremo

Noi continueremo perchè abbiamo intrapreso un cammino assieme per cambiare l'Italia.

Perchè ho incontrato dei compagni di viaggio fantastici, onesti e coraggiosi.

Perchè le idee e il progetto di Matteo Renzi erano già dentro di noi.

Perchè nulla è ormai come prima.

Perchè i corsari non si arrendono alla prima difficoltà.

Perchè non possiamo tradire i nostri figli.

Perchè non si può fermare il vento con le mani.

Fausto Sorino

sabato 1 dicembre 2012

Io non mi sento Italiano


E' il titolo di una canzone di Giorgio Gaber che mi sono ritrovata ad ascoltare oggi. E la trovo molto appropriata a questa giornata preballottaggio, purtroppo. 

Mi scusi Presidente se arrivo all'impudenza 
di dire che non sento alcuna appartenenza.
E tranne Garibaldi e altri eroi gloriosi
non vedo alcun motivo per essere orgogliosi. 
Mi scusi Presidente ma ho in mente il fanatismo
delle camicie nere al tempo del fascismo. 
Da cui un bel giorno nacque questa democrazia 
che a farle i complimenti ci vuole fantasia. 

Già, ce ne vuole proprio tanta di fantasia a definirsi democratici mentre si nega la regola fondamentale di una democrazia: il diritto al voto. Ma siamo in Italia, il Paese in cui tutto è democraticamente possibile. Il Paese con un grado di evasione fiscale e di corruzione pazzeschi, ma ovviamente siamo tutte persone assolutamente per bene. Non vi sembra un pò in contrasto sta cosa? A me si, parecchio, ma la spiegazione è semplice: siamo evasori e corrotti a nostra insaputa. Si, oggi sono acida e sarcastica ma non si può, davvero non si può continuare a raccontarci queste cazzate ridendoci sopra - più o meno amaramente - come se fossero barzellette mentre in realtà rappresentano l'attuale situazione del nostro Paese e il nostro presente... situazione insostenibile ed inaccettabile come il grado di precarietà e di disoccupazione sempre più crescenti. 

Sono cresciuta in un periodo storico in cui la mia generazione - forte delle battaglie e dalle vittorie sostenute dalla generazione precedente - è cresciuta un pò bambocciona con i diritti serviti su un piatto d'argento e pensando alla politica come ad un pianeta lontano e distante che non c'entra nulla con noi. E intanto che le nostre uniche preoccupazioni erano la classifica di campionato la domenica e di chi è stato nominato nella casa del grande fratello in settimana, i piatti d'argento sono esauritii e sarebbe il nostro turno di scendere in piazza ma non ne siamo capaci. Continuiamo a dire quanto la politica sia distante da noi mentre gli diamo la colpa per la situazione in cui oggi ci troviamo. Quindi dopotutto non è poi così distante da noi, visto che ci condiziona, no? Dobbiamo cambiare l'attuale classe politica che ci ha portati a quel paese disastrato che siamo oggi ma dobbiamo anche imparare a cambiare noi diventando cittadini attivi e interessarci di più alla vita politica del nostro paese visto che le decisioni che ne derivano condizionano le vite di tutti noi. 

Dobbiamo imparare a scrivere la nostra storia, e non a vivere quella che gli altri hanno scritto per noi.

- Voto Matteo Renzi perchè la sua figura ha reso capaci alcuni di noi a scendere in piazza, non solo perchè l'Italia ha vinto i mondiali. 

- Voto Matteo Renzi perchè ha fatto comprendere l'importanza di essere cittadini attivi.

- Voto Matteo Renzi perchè non posso lamentarmi dell'attuale classe politica e poi continuare a votarla. 

- Voto Matteo Renzi perchè non finalmente non si vota il meno peggio.

- Voto Matteo Renzi perchè la sua storia politica la sto vivendo direttamente e non mi sono fatta raccontare i 
suoi primi 30 anni da mio padre.

- Voto Matteo Renzi perchè ha dato quella carica di entusiasmo nel credere che il cambiamento sia possibile, insegnandoci però che bisogna non solo volerlo ma anche attivarsi per ottenerlo.

- Voto Matteo Renzi per evitare di riconsegnare il Paese alla destra. Già, perchè un governo con Vendola e Casini insieme vuol dire sprecare il tempo a risolvere i loro perenni battibecchi invece di concentrarsi a risolvere gli innumerevoli problemi del Paese, finchè uno dei due farà cadere il governo.

Certo, questo bischero dovrebbe poi dimostrare di essere bravo anche alla prova dei fatti e non solo viaggiando in camper. Lo voto anche per questo.

Comunque sosterrò chiunque vinca queste primarie perchè è corretto che sia così. Dopodichè ci sono alcune riflessioni che dovrò fare su di me, ma non ora.

Ringrazio gli amici di TorinoPerRenzi con cui ho iniziato l'avventura di queste primarie e gli amici di Adesso! Tocca a noi con cui ho formato il comitato a Nichelino. 

Daniela Taibbi

Domani ci sentiremo migliori se …


Il sogno di cambiare questo Paese fa parte di me fin da quando ero piccolo. Per la prima volta da quaranta anni vedo la possibilità di esaudirlo. Non è più un sogno, è il progetto di migliaia di centinaia di persone che insieme hanno deciso di non vivere di rimpianti, di smetterla di guardarsi i capelli che stanno diventando bianchi ogni giorno allo specchio, di affidarsi alla sorte, ma di recuperare tutte le forze che ogni giorno, e sempre con più difficoltà, mettono nel loro lavoro, nella loro famiglia al servizio del Paese.

Tutto questo è cresciuto incredibilmente, l’entusiasmo si è diffuso in maniera contagiosa. La Torino che amo e che non si è mai rassegnata al declino domani, contro le regole, contro le urla, contro le minacce chiederà di cambiare. Ne sono certo.

Troppe persone in questi ultimi tre giorni mi hanno detto che andranno a votare, troppe. Molte hanno scoperto solo questa settimana che si votava. Sì perché ormai è venuta così meno la fiducia anche nei messi di informazione, oltre che nella politica, per cui fino al dibattito su Rai 1 in tanti non sapevano che c’erano le primarie.

Incredibile? Normalissimo. Alle elezioni politiche del 2008 votarono per il centrosinistra circa 13.600.000 persone, domenica scorsa alle primarie solo 3.100.000. Mancano oltre 10.000.000 di elettori. Purtroppo solo 128.000 di questi hanno mandato la richiesta di partecipare al secondo turno. Altro che elettori del centrodestra, siamo certi che non porteremo a votare alle primarie del centrosinistra tutti i suoi elettori. Peccato.

E questo centrosinistra deve recuperarne di elettori. Deve recuperare la fiducia dei suoi cittadini. Deve vivere di più in mezzo alle persone e meno nelle sezioni dei partiti.

Tutti i volontari che si sono impegnati, molti neanche iscritti ai partiti della coalizione sono stati splendidi. Tutti loro lo saranno anche domani. Indipendentemente per chi voteranno.

Domani sarà una festa. 

Domani ci sentiremo migliori se non manderemo a casa nessuno.

Domani ci sentiremo migliori se riconosceremo l’avversario  

Domani ci sentiremo migliori se guardandoci negli occhi avremo capito autenticamente che il lavoro vero  inizia da lunedì.

Davide Ricca

sabato 13 ottobre 2012

Civismo vs Cinismo


Analisi semiscientifica di un questionario semiscientifico. Bersani, Renzi o Vendola?


1. Crediti

Per prima cosa dobbiamo ringraziare tutti coloro che si sono prestati con freschezza e simpatia a questa iniziativa. Torinoperenzi ha voluto, diciamolo, anche un po’ provocatoriamente lanciare, alla Festa Democratica di Torino, il giorno dopo l’avvio della Campagna Elettorale di Matteo Renzi per le primarie del centrosinistra ed in concomitanza con la presenza di Walter Veltroni, un questionario per verificare quale dei tre principali candidati Bersani, Renzi o Vendola godesse delle maggiori simpatie dei presenti.

Poi dobbiamo ringraziare Gigi Brossa e Paola Parmentola che hanno avuto l’idea di farlo il questionario e di proporlo alla Festa.

Molti hanno risposto, più di 70 persone, altri magari non avranno trovato il nostro banchetto (grazie Segretaria Bragantini per averci concesso lo spazio e grazie ai nostri vicini per averci sopportato con simpatia e birra). Uno sicuramente non ha voluto rispondere, ma possiamo anche capire il perché. Presentava un romanzo e si vede che non era alla festa del PD per fare politica.

Diciamoci anche che ci aspettavamo molta più gente, credevamo che il nostro ex segretario, già candidato alla premiership, colui che ha spinto il partito su percentuali mai più viste, portasse alla Festa molte più persone, molti più militanti. Vabbè!

Dalle 19 alle 23 circa. Abbiamo avuto modo per 4 ore di chiacchierare e confrontarci, nel rispetto e “a viso aperto”.


2. Il questionario.

Il questionario intitolato: “Bersani, Renzi o Vendola?” propone 4 domande che costringono chi lo compila a scegliere in una scala numerata da 0 a 9 tra due affermazioni. Alla fine la somma dei punteggi ottenuti ti consegna come risultato la maggiore o minore possibilità di sostenere uno dei tre contendenti.

Ecco le 4 domande (con relative risposte):

1) Che atteggiamento tenere rispetto alle tradizioni politiche di provenienza?

Ognuno conservi la propria 0…..1…..2..…3.….4…..5.….6…..7…..8…..9 Le vecchie posizioni sono superate

2) Come dovrà porsi il prossimo governo di centrosinistra di fronte alle riforme progettate dall'attuale governo Monti?

Discontinuità 0…..1…..2..…3.….4…..5.….6…..7…..8…..9 Continuità

3) Che tipo di partito od alleanza ritieni necessaria a sostenere la prossima maggioranza di centrosinistra?

Il Pd si allei solo con Vendola 0…..1…..2..…3.….4…..5.….6…..7…..8…..9 Il Pd si allei con Casini

4) Sui temi della riforma del lavoro a chi sei più vicino?

Fassina 0…..1…..2..…3.….4…..5.….6…..7…..8…..9 Ichino

Questionario scientifico? Non lo crediamo per certo. Attendibile? Proviamo ad analizzare i risultati e scopriamolo insieme, così che ciascuno possa farsi la sua idea.

I questionari validi sono stati 71, il 19% di coloro che li hanno compilati non si riconosce nel risultato ottenuto (vi era la possibilità di indicare questa opzione). Analizzando solo i loro questionari, però, si può curiosamente notare che i loro risultati si spalmano proporzionalmente nella stessa misura sui tre candidati: 33,3% ciascuno. Quindi non hanno inciso o fanno “sballare” il risultato complessivo.

Sommando i punteggi ottenuti il questionario proponeva i seguenti risultati

“Se hai totalizzato meno di 14 punti è più probabile che sosterrai Vendola

Se hai totalizzato da 11 a 25 punti è più probabile che sosterrai Bersani

Se hai totalizzato da 22 a 36 punti è più probabile che sosterrai Renzi”


3. L’analisi

Si venivano a costituire in questo modo non 3 ma ben 5 possibilità, che nel raggruppare i dati abbiamo considerato secondo 5 fasce di punteggio: 1) tra 0-10; 2) tra 11-14; 3) tra 15-21; 4) tra 22-25 e 5) tra 26-36; semplificabili rispettivamente in 1) molto probabilmente sosterrai Vendola, 2) sceglierai tra Vendola e Bersani, 3) molto probabilmente sosterrai Bersani, 4) sceglierai tra Bersani e Renzi, 5) molto probabilmente sosterrai Renzi

Primi appunti: “non avete sondato Tabacci!”; “non avete inserito una domanda sui temi sensibili di carattere etico!”; “non avete chiesto se la persona andrà a votare alle primarie”! Tutto vero. Quindi tenetene d’acconto nella lettura dei risultati, ma è anche vero che non abbiamo chiesto “Chi voterai?”, ma abbiamo individuato 4 aree che, a nostro avviso, costituiscono le cifre principali su cui si giocherà la campagna delle primarie e che, sempre a nostro avviso, orienteranno nelle intenzioni di voto chi andrà a votare alle primarie.


4. I risultati considerando tutti i questionari.

Ecco quindi, i risultati sulla totalità dei partecipanti divisi in ordine rispetto alle 5 ipotesi sopra descritte e poi raggruppati per step successivi. Primo risultato:

1 Vendola 12,7%

2 tra Vendola e Bersani 14,1%

3 Bersani 23,9%

4 tra Bersani e Renzi 9,9%

5 Renzi 39,4%

Ed è evidente che qui torinoperenzi incomincia, ad un’analisi distratta, “ad andare in brodo di giuggiole”, ma c’è un ma, anzi ce ne sono più di uno di “ma”.

Leggiamo i dati con attenzione, sempre consapevoli tuttavia che, seppure alla festa del PD (di cui Renzi fa parte non dimentichiamolo), non ci trovavamo proprio a “giocare in casa”.

Ecco il primo ma. Proviamo a raggruppare i dati dividendo in tre fasce relative al bacino potenziale di elettori dei tre candidati, dove evidentemente “lo spazio Bersani” comprende la fascia 2-3-4 e la somma non puo’ far 100%

Vendola 26,8%
Bersani 47,9%

Renzi 49,3%

E noi renziani ancora a cantar vittoria, ma ecco il secondo ma: e se le primarie fossero a due turni e se Vendola non si candidasse e se Tabacci rosicchiasse? Proviamo quindi a proseguire con una successiva aggregazione che ci porta a considerare solo il segretario PD e il sindaco di Fiirenze. Ecco cosa succede:

Bersani 50,7%

Renzi 49,3%


5. I risultati senza i questionari dei renziani

Ancora soddisfatti. Sì, in parte sì. Però, però. Anzi “ma”, il terzo ma. Qualcuno potrebbe pensare che “abbiamo fatto i furbi”. Hanno “taroccato” i dati. Allora stamattina rivedendo uno per uno i questionari, sono andato a vedere e, ebbene sì! No non abbiamo taroccato i dati, ma i questionari di chi fa parte di torinoperenzi erano e sono riconoscibili. Qualcuno correttamente non ha fatto il questionario (ieri eravamo tantini, bene bene), qualcuno meno diligente e più militante l’ha compilato. Ed è essendo pur vero che anche noi andremo a votare alle primarie (eccome se ci andremo) e anche vero che per avere dei risultati attendibili è meglio togliere le “nostre risposte”.

E così abbiamo fatto. Tolti i renziani. Ricalcolati i risultati. Sempre secondo il procedimento precedentemente adottato: primo step, 5 fasce; secondo stepi, i tre bacini potenziali; terzo step,confronto Bersani-Renzi.

A voi le tabelle. La prima

1 Vendola 14,5%

2 tra Vendola e Bersani 16,1%

3 Bersani 27,5%

4 tra Bersani e Renzi 11,3%

5 Renzi 30,6%

Guarda guarda! Matteo se la gioca, e sì se la gioca anche così. Turno unico? (magari)

La seconda. (bacino potenziale, ricordate che non puo’ far 100%)

Vendola 30,6%

Bersani 54,8%

Renzi 41,9%

Ahi ahi! E qui risulta evidente che alla festa del PD i bersaniani sono potenzialmente maggioranza. Anche se non passa inosservato il risultato e le simpatie che vanno verso il candidato di SeL che proprio iscritto al PD non è.

Ed infine.

Bersani 64,3%

Renzi 35,7%

Eccolo qua il dato secco.

Sapete che vi dico: “Cari amici di torinoperenzi ora smetto di scrivere e voi di leggere, ricominciamo a fare i circoli. La campagna elettorale è in salita, ma se ci rivolgiamo agli elettori e non ai partiti, se ci rivolgiamo ai delusi del centrodestra, se convinciamo le persone che Grillo non è la strada. Se lo facciamo ADESSO! Forse più di qualche chance ce l’abbiamo, sempre se i dati sono giusti” :-)


sabato 9 giugno 2012

Il migliore candidato o forse no: forse … dipende da noi

Adesso tocca a noi “democratici di mezzo” decidere cosa fare, senza aspettare che sia qualcun altro a farlo per noi. Persi in questi anni in molti rivoli, fiumi e rigagnoli, giusto per non chiamarle “correnti” o “componenti” come i robot dei nostri cartoni animati d’infanzia. Riavvicinati di nuovo dalla nostra vecchia passione per la democrazia diretta, per l’ambizione di prediligere il bene del Paese a quello del partito.

Riavvicinati dall’idea che si debba chiedere direttamente al cittadino da chi vuole essere governato e che le ritualità della prima repubblica, così bene interpretate nella seconda, siano molto lontani dal nostro modo d’essere.

Riavvicinati dal referendum voluto da un professore sardo e cocciuto e firmato per primo da un professore bolognese che non ha più bisogno di dimostrare niente, ma che non si stanca di essere in prima linea e di richiamarci a tenere la barra dritta.

Sempre inquieti e testardi come l’asinello che ha visto un giorno insieme gran parte di noi. Il giorno che decidemmo di decidere e che alle idee affiancammo un’organizzazione: il nostro modello organizzativo, fatto di iscritti, di associazioni, di passione e anche di congressi. Capita infatti che quando l’uomo si organizza in una comunità, questa venga pervasa dagli stessi pregi e dagli stessi difetti di quella fantastica invenzione che è appunto l’uomo stesso.

Chi ci guida lo sappiamo, i nostri riferimenti li conosciamo, il legame con il territorio e la nostra capacità organizzativa, che spesso ci ha spaventato e di cui siamo tutt’oggi incerti, l’abbiamo dimostrata con il referendum. Nessuno pensi che il numero di quelle firme, la loro validità formale siano un miracolo. Quel numero e quella regolarità sono frutto di impegno, passione e ragione di chi ha coordinato il tutto e di chi si è lasciato coordinare.

Ora tocca anche e di nuovo a noi. I democratici della diaspora del ritorno, i ragazzi del referendum elettorale, le nuove amiche e i nuovi amici. Non serve un 2.0. Serve un nuovo inizio, con un nuovo lessico, con nuove parole, con nuove e vecchie persone. Se non sarà un battesimo, quanto meno serve una confermazione, ma serve un nome, una casa, una direzione.

Ci hanno dato le primarie, certo aspettiamo di vedere le regole. Noi vorremmo che ci fossero tutti. La coalizione è il perimetro. Le primarie sono il luogo della scelta della coalizione, del premier, del programma. Le successive approssimazioni non fanno parte del nostro modo politico. Ecco il primo bivio. Accettiamo che non venga richiesto a tutta la futura coalizione di governo di partecipare al momento fondativo della medesima? Come ha detto Bersani “solo i democratici e i progressisti lo farebbero” e i cosiddetti moderati no, così da avere mano libera di fronte ai loro elettori e all’Italia? E tra i democratici e progressisti accettiamo che non ci sia posto per tutti? Accettiamo delle pregiudiziali? No non è da noi. Ma soprattutto non serve al paese che vi siano pregiudiziali nel campo di chi si dichiara democratico e con questa dichiarazione nominativa si candida a governare il Paese.

Ma tant’è. Se le accettiamo. Se alla fine diciamo sì. Potremmo noi dire no. Noi che abbiamo fatto della costruzione del partito democratico, delle primarie come mito fondativo, della partecipazione diretta il nostro modo politico.

Insomma se ci saremo e ci saremo. Come vi partecipiamo? Chi sarà il nostro candidato? Chi sarà il candidato dei ……………. (i puntini servono perché non vi è ancora risposta al nome). Ecco il secondo bivio.

Molto probabilmente un giovane. Un giovane sindaco. Dai su non ci giriamo attorno. Siamo andati a Firenze eravamo lì come i clan scozzesi aspettando che il condottiero ci guidasse contro l’usurpatore inglese. Gli abbiamo chiesto di farsi avanti. E lui ha nicchiato. Ora cerca di ricucire.

Non ha fatto sicuramente il nostro percorso, sul referendum un po’ freddino diciamocelo pure, alcune volte troppo attendista per i nostri gusti. Così esasperatamente nuovo da non ricordare (o far finta di non ricordare) che cosa sia stato l’Ulivo e la fatica di ri-costruire il campo democratico pagando pressi molto alti. Non molto prodiano, sicuramente non ulivista. Liberale? Su questo spesso anche noi siamo stati tentennanti. Ha fatto solo il sindaco. Diciamocelo non ha lavorato un granché nella vita. Ha rotto con Civati, uno che insomma simpatico un po’ ci sta. E ora sembra voler rompere a sinistra. Preferirebbe le primarie del Pd a quelle di coalizione.

Quanti dubbi. Sarà il candidato migliore? Lo è se noi esistiamo. Ecco il punto. Lo è se noi abbiamo un nome, dei volti. Se noi non scompariamo. Siamo sempre stati gli ulivisti del capitano dell’Ulivo. Riusciremo ad essere i democratici della terra di mezzo aprendo le braccia il più possibile per tenere insieme tutti. Riusciremo ad essere truppe irregolari, ma organizzate per non permettere che qualcuno si dimentichi dove vogliamo andare e da dove arriviamo? Io non ammainerei la bandiera esposta sul balcone di Santi Apostoli una volta raggiunto il numero delle firme. Io la esporrei e prenderei il mare.

Davide Ricca

mercoledì 30 maggio 2012

Gli Stati Generali del Rinnovamento

Se convocassimo gli stati generali di chi crede nel progetto democratico e chiede un radicale cambiamento di passo a questo partito, a livello nazionale come a livello locale? 

Se avessimo il coraggio di farlo e di chiedere a chi scalpita di essere ancora una volta insieme a farlo e di farlo insieme a noi? 

Se prima di dividerci sull’essere troppo liberali o troppo socialisti ponessimo un serio problema di governo del partito e di credibilità della classe dirigente? 

Questa volta senza se e senza ma, senza subordinate, senza grazie per quello che avete fatto, ma solo con grazie perché ci date una mano: Adesso tocca a noi!

Se lo facessimo ancora a partire da Torino? Se Corsari, Prossima Italia, LibertàEguale, Progetto Democratico, Nuove Energie Torinesi, e chiunque voglia starci invitassero qui, in rigoroso ordine alfabetico: Civati, Funiciello, Gariglio, Marino, Orfini, Recchia, Renzi, Scalfarotto, Serrachiani, Zingaretti (e se ci siamo dimenticati qualcuno scusateci)?

Se, visto che le primarie non le convocano, convocassimo noi le Primarie delle Idee e insieme costruissimo il rinnovamento sbattendolo in faccia alla classe dirigente, ma convinti che questo è quello che vuole il nostro Popolo?

Se lo facessimo subito?

Se per prima cosa dicessimo che no, non ci va la reintroduzione del finanziamento pubblico ai partiti e che vogliamo una legge che lo riservi alle donazioni, libere, volontarie e fiscalmente deducibili, ricordando come già gli italiani si siano espressi in tal senso in un recente referendum (e in tal senso molti di noi sono già a raccogliere le firme per abolire una legge che, per l’ennesima volta, non rispetta il volere degli elettori) .

Se tutti rispondessero affermativamente significherebbe un reale passo in avanti verso il reale rinnovamento richiesto.

E intanto non siamo soli:

martedì 22 maggio 2012

Fichissimi: diario di bordo di un pulmino a Bologna

Democrazia? Democrazia! - Bologna - 19/05/2012
La mattina inizia proprio da Corsari, sveglia all’alba. Si va a prendere lo scudo a noleggio. Appuntamento alle 8,30. Bene siamo già in ritardo e figurati.

“L’organizzativo” che guida è già teso, come quando alle 18.00 si apriva il banchetto per le firme e non c’era nessuno. “Il filosofo” chiede una sosta per comprare i giornali e visto che gli è negata, chiede alla neo-liberale, recuperata lungo il percorso, se cortesemente può fornirglieli. La “neo-liberale” porta la mazzetta dei giornali e insieme la colazione.

Finalmente in viaggio, tra il caso Lusi e la class action, di cui Pino ci aggiorna, i ricordi dei tempi passati tra Asinello, Margherita, mozione Marino e referendum , con la “navigatrice” esperta di nuovi mezzi tecnologici siamo in autostrada.

C’è chi per venire ha fatto un sacrificio da matti e prova a riposare e chi, come Rocco, continua a sentire caldo. Dalla rete chi è stato trattenuto da impegni familiari e lavorativi ci chiede aggiornamenti.

C’è Jacopo dalla Val Susa e da Prossimaitalia che, anche se non fisicamente era anche lui con noi sullo scudo. In realtà anche da Bologna ci chiedono a che punto siamo.

Arriva la notizia di Brindisi e ci chiediamo come sia possibile, pensiamo a cosa fare, se ha senso continuare. Ci rispondiamo di sì. Smettere di pensare, di occuparsi di politica, di “sporcarsi le mani”, crediamo sia la risposta peggiore. La mafia è una montagna di merda, e se non è stata la mafia è stata altra merda.

Chissà cosa dirà Parisi? Chissà cosa dirà Prodi? Chissà cosa dirà Civati?

Parisi apre; Panebianco e Jozzo relazionano ma è inutile dire che sono tutti lì per Prodi. Rinasce la componente ulivista, vuol fare il Presidente della Repubblica? Cosa dirà? E noi che vogliamo il rinnovamento siamo ancora qui ad ascoltare il mortadella?

Alla faccia del mortadella. Picchia duro Prodi: “la volontà dei cittadini è stata ‘massacrata’ dai partiti”. Applausi . “Cosa si aspetta per fare la riforma? Serve una legge elettorale che ci faccia riacquistare sovranità. Abbiamo una sovranità limitata all’esterno”. Ri-applausi. Mi sa che Il Romano nazionale è ancora vivo, vegeto e lotta insieme a noi. Spazia a tutto campo: Europa; caduta dell’asse New York Londra; Hollande e il doppio turno e il baricentro che si sposta; Piccola bacchettata alla Merkel: “lei decideva e Sarkozy faceva le conferenze stampa”.

Se ne accorge anche Civati: primarie; scelta diretta dei cittadini; riduzione del numero dei parlamentari; ricambio generazionale e non solo; riduzione e fusione dei comuni; patrimoniale; contratto unico e sussidio universale. E per dare corpo ad una metafora che superi la nostra storia recuperandola propone di sostituire all’ulivo il fico. Il fico dell’Odissea, quello tra Scilla e Cariddi, che può anche essere ancora di salvezza poco istituzionale, selvatico, con grandi foglie, che, essendo in alto, ci permette di vedere lontano. Ma dal fico, dice, bisogna scendere per tornare a navigare.

Prodi e Civati. E Renzi? dove è finito? Ne parliamo a pranzo, un po’ spartano a dire il vero. Dentro procede l’assise e noi fuori chiacchieriamo con Prodi e con Civati; con il direttore di LibetrtàEguale, attento osservatore. E poi chiacchieriamo tra di noi che siamo rottamatori, renziani, ulivisti, e, ora, usando la metafora di Pippo, “fichissimi”.

Siamo sicuramente Corsari e discutiamo a lungo con i più giovani e con il “giovane deputato emergente” sul da farsi al ritorno. La promessa è di rivedersi presto e di tenersi in contatto per scambiarsi idee e per non sentirsi soli ad urlare sugli alberi, per unire in una sola foresta gli alberi di Villa borghese con quelli del Valentino. Siamo stanchi di farci separare dalle etichette, alla fine sulle cose concrete la pensiamo allo stesso modo, sarà un fatto generazionale?

Si riparte. Pulmino, discussioni su cosa è liberale e cosa è democratico. Animi accesi, forse troppo, entusiasmi giovanili che si scontrano con pragmatismi adulti ma che bella è la politica quando è vera, poi caffè di ristoro. Poi Torino.

Appuntamento a venerdì per organizzare cose concrete da fare. Riunione alla 21. Mi sa che sta volta ci siamo.

Corsari: Rimettiamoci in mare

sabato 17 marzo 2012

Il Sen. Mauro Maria Marino aderisce al Documento Corsaro: Indietro non si torna!

Il sen. Mauro Maria Marino ha aderito al documento dei Corsari di Torino “Indietro non si torna!” in risposta alla proposta di riforma della legge elettorale illustrata oggi alla GAM dall’ex presidente della Camera dei Deputati Luciano Violante.

Qui trovate il link al documento: Indietro non si torna!

Pubblichiamo anche la risposta alla proposta Violante della Presidente Rosy Bindi : 

LEGGE ELETTORALE, BINDI: NO BOZZA VIOLANTE, SI CONVOCHI ASSEMBLEA PD  
"Rosy Bindi e i Democratici Davvero, la componente del Pd che fa capo alla vicepresidente della Camera, in una riunione oggi a Roma hanno bocciato l'ipotesi di riforma elettorale cosiddetta bozza Violante e chiesto che venga convocata l'Assemblea nazionale del partito per discuterne."

http://www.democraticidavvero.it/no alla bozza Violante

mercoledì 14 marzo 2012

Prima regola corsara: Indietro non si torna

Seconda regola: Avanti tutta!

Noi Corsari siamo iscritti, militanti, simpatizzanti, eletti, amici del Partito Democratico di questa città e di questa Regione. Siamo convinti che questo Partito abbia le capacità di aprire se stesso al confronto con le aspirazioni delle donne, dei giovani e di tutti coloro che vogliono un luogo e uno strumento di partecipazione politica. Questo partito deve essere lo strumento per costruire una società più giusta in un Paese moderno. E può essere capace di parlare un linguaggio nuovo e di intercettare le aspirazioni delle prossime generazioni.

Le vittorie referendarie ci hanno portato ad eleggere direttamente i sindaci delle nostre città. Pochi mesi fa 1.200.000 cittadini (60.000 dei quali piemontesi) ci hanno chiesto di riformare l’attuale legge elettorale per poter finalmente scegliere da chi farsi rappresentare e da chi farsi governare.

Noi non siamo disponibili ad un compromesso al ribasso sulla scelta del governo, né siamo disponibili a tornare ai tempi in cui le segreterie di partito sceglievano in nome dell’appartenenza e spesso non del bene del Paese.

Siamo certi che i cittadini vogliano lasciare ai partiti la scelta del premier?

Il partito democratico è nato per sostenere un progetto di Paese che si deve tradurre in governo del Paese. Il nostro Partito non può snaturare la sua missione ritornando a leggi elettorali e architetture istituzionali che farebbero in parte venire meno lo stare insieme di identità e storie diverse.

Siamo grati a chi da molto, forse troppo tempo rappresenta il volto e la voce del nostro Partito e dei Partiti che lo hanno fondato. Siamo loro grati per quello che hanno fatto, non lo saremo se distruggeranno anni di battaglie per avere alternanza di governo e rappresentatività diretta. Sapendo che se lo faranno saranno gli stessi elettori a punirli e che noi non staremo fermi ad aspettare che questo avvenga.

I Corsari di Torino

sabato 10 marzo 2012

Articolo 18 - giusto per tentare di fare un po' di chiarezza

di Guido Alessando Gozzi

Ancora ieri, durante una riunione in ambito politico, ho rilevato che, anche tra gli iscritti e militanti del PD, continua a permanere una grande confusione in relazione all'art 18 e a molto di quanto ruota intorno all'argomento.
Vorrei quindi provare a dare un mio piccolo contributo teso a tentare di spiegare in maniera chiara e semplice la disciplina dell'interruzione del rapporto di lavoro, per iniziativa del datore di lavoro, denominata licenziamento.
Nello specifico per restare nel tema di cui sopra, di seguito, parlerò del licenziamento individuale e del licenziamento illegittimo rimandando ad altra volta un eventuale excursus relativo al licenziamento disciplinare e ai licenziamenti collettivi.

Le fonti normative che disciplinano il licenziamento individuale sono il codice civile, la legge 604 del 1966, la legge 300 del 1970 ( statuto dei lavoratori) e la legge 108 del 1990.

A seconda della dimensionalità di una azienda (semplificando, fino a 15 dipendenti e > di 15 dipendenti) un lavoratore licenziato può agire ai sensi della 604 del 1966, in un abito di tutela o stabilità obbligatoria, oppure, nel caso di azienda > di 15 dipendenti, anche ai sensi dell' articolo 18 della 300 del 1970, in ambito di tutela o stabilità reale.

Il licenziamento può avvenire per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo o oggettivo.

Cosa significa:


Giusta causa: qualcosa di talmente grave (anche di natura extracontrattuale) da non permettere fin da subito la prosecuzione del rapporto di lavoro (ad es io datore di lavoro, scopro che sul maestro di tennis assunto nel mio circolo per fare lezione a bambini in fascia di età 6-12 anni pesa una sentenza passata in giudicato per reati di tipo pedopornografico).
Giustificato motivo soggettivo: notevole inampimento del lavoratore tale da giustificare il recesso del datore di lavoro (ad es ti ho assunto per fare il commerciale nella mia azienda e in 8 mesi non hai chiuso nessun contratto).
Giustificato motivo oggettivo: quando un licenziamento ha luogo per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa (non ci sono ordini da 6 mesi e devo licenziarti, non serve più un group product manager e i pm risponderanno direttamente al direttore mktg etc etc etc).

Cosa succede se a seguito di un licenziamento (per i motivi di cui sopra) il lavoratore lo impugna entro 60 giorni?

Come scritto sopra, le conseguenze di un licenziamento ritenuto inefficace dal giudice dipendono dal numero di dipendenti impiegati nell’impresa:
in aziende fino a 15 dipendenti (tutela obbligatoria), il datore di lavoro può scegliere se riassumere il lavoratore oppure corrispondere allo stesso un’indennità tra le 2,5 e le 6 mensilità.
Quindi il ritorno o meno in azienda lo decide il datore di lavoro e se non ne vuole più sapere del suo ex dipendente, potrà liquidarlo con una cifra pari a 2,5 – 6 mesi di stipendio.
Se invece decide che il licenziato rientri in azienda si stipulerà un nuovo contratto di assunzione e per tutto il tempo intercorso tra il licenziamento e la riassunzione nulla sarà dovuto al lavoratore in merito a contributi, maturazione tfr etc.
Nelle aziende sopra i 15 dipendenti (tutela reale) invece entra in gioco il nostro articolo 18 che permette che il giudice possa emettere un ordine di reintegrazione del lavoratore licenziato nel proprio posto di lavoro, inoltre il suddetto riceverà un importo a titolo di risarcimento pari agli stipendi non percepiti dalla data di cessazione del rapporto a quella della reintegrazione (con un minimo garantito di 5 mensilità).
Inoltre il lavoratore potrà scegliere (Lui), se essere reintegrato (non riassunto! Vd sopra) oppure ricevere una ulteriore indennità pari a 15 mensilità di retribuzione, fermo restando comunque il risarcimento del danno e il risarcimento delle retribuzioni maturate fino alla data del pagamento delle 15 mensilità.

Cosa significa tutto questo?

Significa che in Italia ci sono una minoranza ipertutelata che, in caso di licenziamento impugnato, potenzialmente costerà ad un datore di lavoro 20 mensilità più tutte le mensilità pari alla durata della causa (tra 300 e 600 giorni) e una maggioranza meno tutelata che ,in caso di licenziamento impugnato, potenzialmente costerà ad un datore di lavoro tra 2,5 e 6 mensilità.

Infine bisogna affrontare il tema dei licenziamenti illegittimi:
un licenziamento illegittimo si ha quando ti licenziano perché: sei negro, sei musulmano, cristiano, comunista, liberale, iscritto ad un sindacato, gay, tifoso della Juventus o quant’altro vi venga in mente.
In questo caso sia che il lavoratore sia assunto in una azienda con meno di 15 dipendenti o in una con più di 15 dipendenti, si applica la tutela reale disciplinata dall’articolo 18 con quindi garantito il reintegro e tutte le tutele economiche descritte sopra.

Penso sia chiaro che non è quest'ultima la parte di articolo 18 che si discute se modificare o meno nell’ambito della riforma del mercato del lavoro attualmente in fieri.


Link alla nota di Guido

lunedì 5 marzo 2012

Attrezzare l'idea del Pd (1): ricostruire la fiducia interna

di Luigi Brossa

Il sistema politico italiano non funziona e il governo Monti, voluto assai prima dai mercati che dagli italiani, nè è al tempo stesso la dimostrazione e la possibile soluzione.

La crisi è ben rappresentato da due indicatori: il peso del debito pubblico e lo spread. Uno di stock, uno di indirizzo.

Il sistema politico ha invaso da tempo, troppo tempo, uno spazio che non può, non deve invadere, quello della formazione del consenso. Lo ha fatto sostituendosi molto spesso, attraverso un uso distorto e non limpido della spesa pubblica, nella libera formazione di quel consenso, non accompagnandone ed aiutandone lo sviluppo, ma acquistandolo, obbligandolo. Su questa drammatica contraddizione è già crollato un sistema politico, quello della prima repubblica, corriamo il rischio di assistere ad un nuovo crollo.

A motivare questa riflessione non sono solo ragioni morali o legali, ma la stessa razionalità economica che osserva come quel consenso viene acquistato a sempre maggior prezzo (il debito), proteggendo in modo esasperato i principali clienti del sistema, sino a diventare insostenibile per il futuro (spread).

Il Pd nasce con l'ambizione di superare e risolvere le contraddizioni del processo di legittimazione che ho descritto, sottraendola alle cerchie sempre più ristrette, e riportandolo attraverso le primarie nel vivo del confronto vasto egualitario e democratico .

Parallelamente il Pd intende assumere quel ruolo preminente nel centrosinistra (la cosiddetta vocazione maggioritaria) senza il quale non è possibile pensare alla democrazia bipolare. Non è possibile infatti appoggiare la democrazia bipolare su strutture che non abbiano dimensioni e solidità tali da reggere un vivace dibattito interno che porti a formulare, senza scissioni, senza disobbedienze gridate, senza veti, senza innumerevoli principi non trattabili, una linea politica. Non si sottovaluti, ancora una volta, questa condizione necessaria all'affermarsi del bipolarismo, pensando che tutto si risolva solo con il dibattito delle idee.

Quell'idea però ha subito, con la fine dell'esperienza Veltroni e con la segreteria Bersani una seria battuta di arresto. Una sorta di panico ha investito la grande struttura organizzata (non solo il partito, ma tutte le realtà associative, cooperative, amministrative, ecc. connesse) riportandola verso il passato. Paura di perdere le sicurezze e le posizioni di prestigio.

L'idea del PD però è nata, si tratta ora di attrezzarla, come una via in parete, una ferrata.



Frequento il partito (movimento, pci, pds, ds, pd) da tanti anni e della sua sopravvivenza ormai non mi curo più. Non perchè penso che possa sparire, ma perchè penso che sia necessariamente destinato a cambiare.

Passeranno elezioni e non resterà ciò che è stato, ne ciò che è.L'idea del bipolarismo ha fatto breccia, nell'esperienza corrente, nella vita quotidiana, nelle amministrazioni locali, come nelle coscienze dei cittadini.

L'idea del bipolarismo cancella il partito comunità, il partito casa, il partito che protegge, che occupa, che consola, che sottrae libertà per riconsegnare sicurezza.

Ma proprio questa progressiva scomparsa ci pone un nuovo problema: come regolare i rapporti politici per garantirne la qualità e sopratutto per garantire quella fiducia reciproca, tra i diversi contraenti del patto dentro il partito. Quella fiducia che sola può permetterci di reggere i problemi che in sede di attuazione delle politiche possono sorgere. Senza la solidità di cui parlo, ogni singola protesta diventa l'occasione per prendere le distanze, rallentare i processi di cambiamento, rimandarli e restare fermi. Mentre gli altri si muovono. E' quel che ci sta succedendo da decenni: il paese non cambia, non si adatta ai nuovi comportamenti, anzi, li ostacola. Esempi? Le coppie di fatto, il lavoro flessibile, il fine vita, la sicurezza per chi perde il lavoro, il sostegno all'attività imprenditoriale, il costo e l'ingresso nel mondo delle professioni ...

La nota di Gigi su Facebook

sabato 3 marzo 2012

Attrezzare l'idea del Pd (2): perchè nel partito

Molto spesso, gli amici con cui sono più in confidenza, quelli con cui ho condiviso in gioventù le prime ansie e le prime passioni politiche, mi domandano come io possa accettare di stare nel Pd e sopratutto come possa stabilmente sostenerne le ragioni, accettarne i compromessi, subirne le scelte anche quando queste sono l'opposto di quel che dico sarebbe giusto fare.

Tralasciando le spiegazioni a base psicanalitica, sono un paio le ragioni che mi portano a difendere, talvolta contro l'evidenza di una necessaria presa di distanza, le ragioni del partito grande.

La prima di queste è la necessità di poter far conto su un soggetto all'altezza della bisogna per la democrazia dell'alternanza. La democrazia bipolare ha bisogno infatti di almeno due aggregati collettivi, tra loro alternativi, che interpretino il ruolo di attrattori per le forze variamente coalizzate nel loro ambito di riferimento. Le ragioni di questa necessità risiedono nella continuità organizzativa, nella solidità del dibattito e della democrazia interna, nella possibilità di sperimentare costantemente la competizione delle idee senza perdere la necessaria freddezza, l'equilibrio, la stima ed il rispetto reciproco tra aderenti. Ragioni molto aziendali e poco politiche, mi rendo conto, ma anche l'organizzazione del pensiero orientato, finalizzato al governo di una nazione, ha le sue regole. E non bastano i diversi think-tank, serve un luogo riassuntivo ed anche istituzionale dove far confluire le loro elaborazioni perchè giungano a sintesi e/o selezione.

Secondariamente vi è poi una specifica professionalità che si sviluppa nella pratica politica continuativa, non dissimile peraltro da quella che si matura in tutte le grandi organizzazioni dai rilevanti rapporti col mercato. E' la capacità di dare corso alle decisioni, certo non prescindendo dai contenuti delle stesse, ma essendo prioritariamente capaci di usare al meglio delle tecniche che danno i migliori risultati in fase attuativa. Questa metodologia è un insieme di tecniche dalla gestione delle assemblee, ai rapporti con gli stakeholder, dalla abilità dialettica alla capacità di sintesi, che permettono di non vanificare, con errori metodologici, la bontà di una proposta, l'efficacia di una politica.

Entrambe queste ragioni sono ovviamente poco convincenti per coloro che al partito attribuiscono virtù salvifiche, e paradossalmente lo stesso vale anche per coloro che osteggiano, un po' aprioristicamente, il ruolo del partito, pensandolo come i primi, soggetto collettivo e non invece com'è, aggregato, azienda, associazione per l'attuazione delle politiche.





Altro

  1. Ricostruire la fiducia interna
  2. Perchè nel partito
  3. Ridefinire la leadership: L'enfasi sulla figura del leader, che per un po' ha preso il posto dell'idea di soggetto collettivo, lascia ora il posto alla delusione per quella promessa impossibile da mantenere e nello stesso tempo impossibile da aggirare. Leadership e pensiero collettivo.
  4. Finanziamento
  5. recupero dei delusi
  6. il metodo della legittimazione comprata nella prima repubblica e nella seconda
  7. vincere il prossimo congresso
  8. metti i migliori alla retroguardia
  9. un solo alleato a sinistra, IdV ha mentito.

mercoledì 29 febbraio 2012

Con Jacopo - Noi Valsusini consegnati al nostro destino - In coda la lettera di Jacopo a Bersani

prossimaitalia - noi-valsusini-consegnati-al-nostro-destino

Dopo la pacifica marcia di sabato, mi si è stretto il cuore quando ho saputo di quello che stava succedendo alla Maddalena e di Luca Abbà. Io lui non lo conosco, ma mia mamma si. L’ho chiamata per capire cosa stava capitando, ma anche lei aveva notizie vaghe e confuse. Mi ha raccontato una cosa però. Nel dicembre del 2005 lei e Luca passarono una giornata insieme a Venaus. Anche allora erano giorni di marce e di tensioni. Si trovarono fianco a fianco, lei amministratrice e Luca militante, nel fare un cordone di sicurezza per impedire a noi manifestanti di scendere nella piana vicino all’area che allora doveva diventare un cantiere, piena di poliziotti. “Vedi che noi stiamo con le istituzioni” le disse Luca. “Non vogliamo mica che scoppi qualche casino”. Una persona buona, onesta, pulita. A poco più di sei anni da quei giorni, Luca ha ritenuto che l’unico modo per manifestare il suo dissenso fosse salire su quel traliccio.

Un gesto estremo che, mentre sul web e sui giornali si moltiplicano prese di posizione, dichiarazioni, insulti e un’infinita caterva di parole, mi lascia l’amaro in bocca e mi ha suggerito una riflessione. Quel volo dimostra che la politica, Luca, se l’è lasciato scappare via. Ha deciso che non valeva la pena ascoltare le sue idee, la sua voglia di mettersi in gioco, di voler contare e di coltivare la sua passione per la terra che ama.

E quando dico la politica intendo gli onorevoli del mio partito che hanno invocato a gran voce i militari e i ministri che li hanno mandati. Intendo i governi che hanno trasformato i tavoli tecnici in teatrini senza dignità ma anche chi, abbandonandoli per paura di perdere consenso, ha contribuito a renderli tali. Un bello schiaffo alla nostra già malconcia democrazia.

La verità è che in questa vicenda, il Tav, non c’entra più niente. Nessuno s’interessa più delle merci che non ci sono, dei passeggeri ipotetici (quelli che per spostarsi scelgono l’aereo e non il treno), dell’ambiente devastato, dei soldi pubblici gettati al vento. Non interessa più discutere e confrontarsi. A qualcuno interessa far casino, a qualcun altro vincere un appalto, a qualcun altro ancora magari tentare di portare a casa qualche compensazione (la palestra piuttosto che la pista ciclabile o la riqualificazione urbanistica).

Luca, e con lui tutti noi valsusini, siamo stati consegnati al nostro destino senza che nessuno battesse ciglio. È triste, ingiusto e avvilente. Ma è così.

E dopo anni di richieste inascoltate e di speranze mortificate (e di colossali prese in giro), il clima si è caricato prima di disillusione, poi di rabbia. Un accerchiamento che genera un clima in cui tutto diventa uguale a se stesso. Tutti indistintamente diventano venduti, mafiosi, collusi. I politici, i magistrati, le forze dell’ordine, le banche, i poteri forti. Tutti uguali e tutti nemici. E quando tutto diventa uguale, vale tutto.

Qualcuno dirà che, anche se la storia fosse andata in un altro modo, avrebbe comunque scelto la strada della contrapposizione e della lotta. Forse è vero, perché la politica è faticosa, noiosa, ha delle regole e richiede dei compromessi. Ma questa ipotesi non può esimere nessuno di fronte ai tanti errori commessi.

E allora che fare? Aggregarsi alla lotta senza badare troppo ai mezzi, o starsene buoni sperando che la tempesta passi in fretta. Onestamente non lo so. Credo che in questa situazione da “liberi tutti”, dove nessuno controlla più nulla, ognuno farà le sue scelte. Io, che conto come il due di picche a briscola, continuerò a voler bene alla mia terra e a stare in mezzo alla gente. Con tanta umiltà, tanta passione ma anche con le orecchie tese e il cervello acceso. Evitando gli estremismi e portando le ragioni della valle anche a chi è lontano. Proverò ancora a fare un po’ di politica insomma. Non è facile, e in giorni come questi mi sembra impossibile e inutile.

Non provarci nemmeno però sarebbe un delitto.

29 febbraio 2012 - 10:58 in News da jacopo suppo


Jacopo ha scritto anche una lettera al Segretario del PD Bersani che sottoscriviamo:

Carissimo Pierluigi,
Mi chiamo Jacopo Suppo, e sono il segretario di un piccolo circolo in Valsusa, a Condove.

Come puoi certamente immaginare, stiamo vivendo giorni molto difficili e duri sia dal punto di vista politico sia, e soprattutto, dal punto di vista umano.

Un partito che ha l’ambizione di essere radicato nei territori, vicino ai cittadini e che si sta preparando per tornare al governo del Paese, non può non frasi carico di una situazione a dir poco esplosiva.

A tal proposito, l’incontro che ieri hai avuto con l’onorevole Stefano Esposito mi sembra un segnale d’attenzione verso la vicenda valsusina, attenzione che rischia però di rimanere parziale, perché l’onorevole, oltre ad avere un’idea ben precisa sull’argomento, distante da quella degli abitanti della valle, conosce poco la nostra realtà territoriale e le dinamiche politico-sociali che la questione TAV genera.

Ti scrivo quindi per chiederTi un incontro, allargabile anche agli altri segretari di circolo e agli amministratori iscritti al Pd, dove poterti raccontare cosa è successo in questi anni in Valsusa, come mai si è arrivati a questo livello di scontro ma soprattutto perché il territorio in cui abito si oppone alla costruzione del tunnel della Maddalena, sia pur con modalità ed obiettivi che non condivido.

Sperando in una Tua risposta, Ti auguro una buona giornata

Jacopo Suppo

sabato 25 febbraio 2012

A sostegno del Comitato Ospedale Valdese

I Corsari sostengono e aderiscono al comitato cittadino che si batte contro la chiusura dell'Ospedale Valdese.

Riprendiamo dalla loro pagina Facebook (https://www.facebook.com/groups/ComitatoOspedaleValdese/)

"Questo Comitato nasce con l’obiettivo di salvaguardare, proteggere e continuare mantenere operativo, sul territorio della Circoscrizione 8 e del quartiere di San Salvario, l’Ospedale Valdese.

L’Ospedale Valdese è un presidio sanitario importante per l’intera città, con punte di eccellenza sanitaria che attualmente offre: 
  • 7mila interventi chirurgici, 
  • 800mila prestazioni di laboratorio, 
  • 400mila ambulatoriali, 
  • 4500 pazienti oncologici seguiti, 
  • 600 interventi per tumore al seno. 
per citare soltanto alcuni numeri 

Il Comitato Ospedale Valdese è aperto a tutti i cittadini torinesi e san salvariesi, ai lavoratori che vi operano e ai pazienti che ne fruiscono i servizi."

Riportiamo il post di  Diego Castagno  in proposito: "Questo gruppo nasce per iniziativa dei miei amici Laura Patriti e Guido Gai. Loro e' l'idea e credo anche l'esigenza di un luogo dove diffondere e pubblicizzare ogni iniziativa che riguarda l'ospedale valdese e la sua presenza sul territorio. Non c'è associazione operante sul quartiere che non abbia a cuore i destini della struttura. Questo comitato e' un pezzo in più e persegue obbiettivi e finalita' comuni e condivise. Speriamo sia utile e aggregante."


domenica 19 febbraio 2012

Mozione sulla Città metropolitana di Torino

Avanzata al Consiglio comunale di Torino dalle associazioni che hanno dato vita al "Patto di Azione per le Riforme", che raggruppa Alleanza dei Democratici, l'Associazione radicale Adelaide Aglietta, i Corsari e LibertàEguale.

Premesso che:
  • La città metropolitana è stata per la prima volta individuata dalla legge n°142 dell'8 giugno 1990 sul nuovo ordinamento degli Enti locali e successivamente inserita all’interno del nuovo art. 114 della Costituzione della Repubblica italiana, dopo la riforma dell'ordinamento del 2001, con la modifica del titolo V della Carta Costituzionale.
  • Nel 2007 il Governo guidato da Romano Prodi aveva approvato un disegno di legge-delega in merito che prevedeva che all’interno della Città metropolitana potessero confluire le Circoscrizioni del Comune capoluogo nonché i Comuni limitrofi strettamente integrati all'area urbana. L'iniziativa, nel disegno di legge delega suddetto, spettava al comune capoluogo o al 30% dei comuni della provincia o delle province interessate, che rappresentassero il 60% della relativa popolazione, oppure ad una o più province insieme al 30% dei comuni della provincia/e proponenti.
  • In Italia non è ancora stata istituita nessuna città metropolitana, poiché nel 2008 lo scioglimento anticipato delle Camere ha rinviato il compito di istituire le città metropolitane al Parlamento della XVI Legislatura repubblicana.
  • La materia, nel maggio del 2009, è stata oggetto di delega al Governo, il quale dovrà emanare i relativi provvedimenti normativi. L’art. 23 della legge 42/2009 (legge delega sul federalismo fiscale), approvata dalle Camere, ha introdotto una disciplina transitoria che consente, in via facoltativa, una prima istituzione delle città metropolitane situate nelle regioni a statuto ordinario, in attesa della disciplina ordinaria riguardante le funzioni fondamentali, gli organi e il sistema elettorale delle città metropolitane, che sarà determinata con apposita legge (comma 1, art. 23, L. 42/2009).
  • Le città metropolitane potranno essere istituite a Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Ai sensi dell'art. 23, comma 2, della L. 42/2009, la proposta di istituzione spetta al comune capoluogo e alla provincia, congiuntamente tra loro o separatamente (in questo caso è assicurato il coinvolgimento dei comuni della provincia interessata). Successivamente si svolge un referendum confermativo, indetto tra tutti i cittadini della provincia interessata, previo parere della regione. Dopo il referendum, l'istituzione di ciascuna città metropolitana è rimessa a decreti legislativi del Governo, che detteranno una disciplina di carattere provvisorio. I decreti istituiranno il consiglio provvisorio della città metropolitana, composto dai sindaci dei comuni e dal presidente della provincia, e l’individuazione, quali funzioni fondamentali della città metropolitana, della pianificazione del territorio e delle reti infrastrutturali; del coordinamento della gestione dei servizi pubblici; della promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
  • Secondo l'articolo 23, comma 6, della Legge 42/2009, il Governo è delegato ad adottare entro 36 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 21 maggio 2012) un decreto legislativo per l’istituzione delle città metropolitane.
  • Diviene ora oltremodo urgente e necessario riorganizzare tutti i servizi su area vasta per incidere sulla spesa, ottimizzare l’efficienza e ridurre l’incidenza sul territorio delle società partecipate delegate alla fornitura dei servizi suddetti, con accorpamenti che avrebbero l’effetto immediato di ridurre l’influenza deleteria del sottopotere politico e clientelare.
  • La crisi economica in atto e le evidenti difficoltà finanziarie con le quali il Comune di Torino si trova a confrontarsi impongono scelte coraggiose, che possano in concreto produrre riforme capaci di andare incontro, senza incidere sui servizi essenziali erogati, alla necessità di ridurre il livello complessivo di spesa.
  • Alcune Regioni a Statuto ordinario, tra cui ad esempio il Veneto, la Liguria, l’Emilia-Romagna e la Toscana, già negli anni ’90 del secolo scorso hanno approvato leggi o delibere che individuano i confini delle aree metropolitane, pur non potendo ancora costituirle pienamente.
  • Le province attuali appaiono sempre più come un retaggio napoleonico superato, le cui competenze, in caso di abolizione, possono essere pienamente assunte dalle regioni, dai consorzi di comuni e dalle città metropolitane, con la conseguente riduzione dei costi, la razionalizzazione dei servizi e una maggiore efficienza dell’amministrazione pubblica.
  • La stessa UPI (Unione Province d’Italia) ha presentato il 7 febbraio 2012 una proposta di legge delega al Governo per l’istituzione delle città metropolitane, la razionalizzazione delle province e il riordino dell’amministrazione periferica dello Stato e degli enti strumentali.
Tutto ciò premesso, il Consiglio comunale impegna il sindaco e la Giunta:
  1. Ad attuare nel più breve tempo possibile tutti i passi formali previsti dall’attuale legislazione per giungere alla costituzione della Città Metropolitana di Torino, che rappresenta a livello locale uno degli strumenti più efficaci da attuare in termini di riorganizzazione e razionalizzazione della gestione e del Governo del territorio;
  2. A promuovere la convocazione di un tavolo di dialogo e di confronto che coinvolga nel processo di realizzazione della Città Metropolitana torinese, oltre al Comune di Torino, la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, tutti i comuni confinanti con gli attuali limiti comunali della città di Torino e gli altri Comuni non confinanti ma che comunque sono evidentemente strettamente integrati all'area urbana torinese;
  3. A chiedere un incontro con i Presidenti della Camere affinché al più presto vengano calendarizzate e discusse le proposte di legge di attuazione dell’art. 114 della Costituzione relativo alle Città metropolitane;
  4. A prendere contatto con l’attuale Governo per promuovere un’azione che vada verso la realizzazione di tutte le città metropolitane previste dalla Costituzione italiana e per ribadire la volontà della Città di Torino di costituire la Città Metropolitana di Torino.

Torino, 14 febbraio 2012

giovedì 12 gennaio 2012

Bocciatura dei referendum: noi non ci arrendiamo

Se il prezzo dell'efficienza e del risanamento è la sconfitta della democrazia, noi non ci stiamo.

Sono molto lunghi i 20 giorni che ci separano dal parere della Consulta. Chiediamo al governo che con la sua autorevolezza chieda impegno al suo parlamento anche su questo fronte. Vediamo l'esultanza dei nominati in parlamento e ci fa rabbrividire. Chi gioisce per la sconfitta di 1.200.000 elettori, dovendo rappresentarli, dovrebbe stare attento.

Contemporaneamente la Camera non concede l'autorizzazione all'arresto dell'Onorevole Cosentino. Se questo è il Parlamento che dovrebbe cambiare in senso maggioritario e con i collegi la legge elettorale, la distanza tra le istituzioni e i cittadini è sempre più preoccupante.


mercoledì 11 gennaio 2012

Mai come ieri sera

Mai, come ieri sera, sarà stato il freddo o le voci deboli sopra il rumore della città di coloro che sono intervenuti per sostenere le ragioni della loro presenza, mi è stato chiaro il senso della nuova politica. Una politica aperta a tutti, e non solo agli specialisti. Una politica che da anni inseguiamo e che, solo a fatica e lentamente ci stiamo conquistando.
Mai come ieri sera mi è stato chiaro il senso di parole come partito leggero e di legittimazione. Alle nostre spalle, alle spalle di quel centinaio di persone che si sono incontrate, del loro sforzo gratuito e generoso, c'erano un milioneduecentomila firme di altre persone, che non hanno il tempo o la possibilità o anche solo la voglia di dire la loro in modo pubblico e individuabile, ma che vogliono sia chiaro che la politica è di ciascuno di loro e degli altri 59 milioni di Italiani. Che la politica deve essere libera da condizionamenti che non siano quelli dei problemi da risolvere e dei sogni da realizzare e che sopratutto la legittimazione parte da cittadini e arriva ai partiti e non viceversa. Che a essere condizionati devono essere i politici e non loro. Che attraverso le risorse pubbliche di cui i partiti dispongono grazie al prelievo fiscale non si possono comprare il consenso e le idee dei cittadini, ma si devono restituire servizi e prodotti.
Ed è stato bello, come ha detto Davide Ricca, che in quel centinaio di persone ci fossero anche molti politici che han fatto della loro passione un impegno stabile, una professione. Erano li a testimoniare la supremazia dei cittadini sulla politica.

Luigi Brossa - LibertàEguale

domenica 8 gennaio 2012

Veglia per la democrazia e per il referendum


In relazione al prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale in merito all’ammissibilità dei quesiti referendari sull’abolizione dell’attuale legge elettorale e alla luce delle indiscrezioni giornalistiche cui non vuole dar credito, affidandosi al giudizio della Corte nella sua autonomia, il “Comitato Referendario Piemontese” organizza per martedì 10 gennaio alle ore 20 di fronte alla Prefettura in Piazza Castello una veglia per la democrazia e per il referendum. Torino, la seconda città d’Italia per il numero di firme raccolte, vuole rappresentare a tutti quanto è importante oggi poter votare per un referendum che terminerebbe il vulnus di democrazia e partecipazione sancito dalla legge porcata di Calderoli e soci.


Chiediamo a tutte le associazioni, i movimenti, i partiti e le persone che con entusiasmo ci hanno aiutato nello sforzo di agosto e settembre di essere con noi senza simboli, ma con una candela accesa e con un drappo scuro. Il drappo scuro è l’esatto contrario della bandiera bianca: noi non ci arrendiamo, noi non ci fermiamo. La candela rappresenta la nostra speranza di vivere in un Paese dove i suoi cittadini abbiano la possibilità di vedere riconosciuto il loro diritto di partecipare democraticamente ad una consultazione referendaria per cui oltre 1 milione e duecentomila persone hanno firmato in un solo mese e mezzo.

Si alterneranno a parlare le donne e gli uomini che si sono battuti e che continueranno a battersi per il ritorno ad un sistema elettorale pienamente democratico.


Hanno già aderito alla veglia per la democrazia e per il referendum:

- I Corsari di Torino
- Il Popolo Viola
- LibertàEguale
- Alleanza dei Democratici
- Associazione Radicale Adelaide Aglietta
- Patto d'Azione riformista
- LED (Laicità Etica Democrazia)
- Libertà e Giustizia Torino
- Progetto Democratico
- InMovimento
- Terra del Fuoco
- Prossima Italia
- Movimento 2 Giugno
- Nuovaerasocialista
- Cultura Alternativa Torino
- Circolo Sinistra Ecologia Libertà della Circoscrizione 5 di Torino
- Circolo Paolo Borsellino dell’Italia dei Valori di Moncalieri
- Fondazione Benvenuti in Italia
- Unione delle Donne del Terzo Millennio
- Michele Curto, Coordinatore provinciale Sinistra Ecologia Libertà Torino
- Roberto Tricarico, Consigliere comunale PD Torino
- Marta Levi, Consigliere comunale PD Torino
- Guido Alunno, Consigliere comunale PD Torino
- Caterina Romeo, Consigliere provinciale PD Torino
- Paola Bragantini, Segretario provinciale PD Torino
- Davide Gariglio, Consigliere regionale PD Piemonte


Per adesioni scrivere a icorsari.to@gmail.com

Link all'evento su FB http://www.facebook.com/events/154869911289069/