giovedì 24 novembre 2011

E’ una questione di fiducia

La fiducia è misurabile? E’ su questa domanda cruciale che oggi tutto il mondo, e l’Europa in particolare, si sta interrogando e su cui sta formando, ed è meglio che lo faccia velocemente, le proprie scelte per uscire dalla crisi. Crisi che appunto è una crisi di fiducia. Ma di quale fiducia? O meglio fiducia in cosa?

Categoria dello spirito? Categoria umana? Categoria della fede? I mercati non hanno fiducia nell’Europa? O non hanno fiducia nell’Italia o nella Grecia?

Ma visto che ieri è andata deserta anche l’asta dei titoli di stato tedeschi, forse nessuno ha più fiducia. È l’economia, come la politica, come i mercati, come tutti noi – basta pensare alle file denunciate dai patronati CGIL per andare alla svelta in pensione – ad adeguarsi al mordi e fuggi, al tutto e subito, al piccolo cabotaggio.

Vedete questa è la differenza tra i Corsari e i Pirati. Ai primi non interessa il bottino, interessa che il loro Paese vinca. Quando abbiamo visto che il nostro Paese e i partiti regolari non ce la facevano con i riti normali della sua classe dirigente, ancora prima di Monti e del suo governo di “emergenza nazionale” abbiamo capito che era necessaria un’iniezione di fiducia e ci siamo messi a fare “la guerra di corsa”, quella irregolare, al servizio della nostra comunità.

Sì perché oggi è indispensabile avere fiducia. Come il lavoratore che crede ancora nella sua professionalità e nella propria azienda e come l’imprenditore che crede ancora nei propri lavoratori e nella sua intrapresa. Le grandi vittorie si sono costruite sulla fiducia, le grandi sconfitte sull’inedia e sulle furbizie. Prodi ha avuto fiducia nel nostro Paese, il centrosinistra non ha avuto fiducia in Prodi e ha provato a scalzarlo. Ma gli Italiani presto dimostrarono, e D’Alema si dovette dimettere da primo ministro, che la furbizia perdeva sulla fiducia.

Gli esempi sono molti. Bearzot ebbe fiducia nei suoi uomini e non cambiò la formazione e dopo i tre pareggi stiracchiati ed il passaggio turno a Spagna ’82 per differenza reti, vinse il mondiale.

Se si ha fiducia e soprattutto se chi dirige nelle forme più diverse questo Paese e, lasciatecelo dire, anche l’Europa che è la nostra culla, dimostra di avere fiducia, allora ogni sfida è possibile. Chi pensava di poter raccogliere unmilioneducentomilafirme per il referendum contro il porcellum? Eravamo quattro gatti spennacchiati, ma abbiamo avuto fiducia.

Allora la risposta alla domanda la fiducia è misurabile? La risposta è sì. Ma va misurata prima e non dopo. Va misurata nell’intenzione di fare non solo nel “future” del fare, come capita per i titoli finanziari. Compriamo titoli a 20 anni, petrolio che sarà prodotto tra 20 anni, oro a 20 anni, ma quanto siamo disposti a investire sulla fiducia che le persone hanno verso i loro obiettivi?

La crisi non è una crisi semplicemente “finanziaria”, dove “finanza” è sinonimo di Male e delle cose più turpi che possiamo immaginare. La crisi è “finanziaria” nel senso che la finanza, quindi i denari, non vengono più investiti nel “venture”, nell’“idea”, nelle “capacità”, ma vengono tenuti fermi e spostati in contenitori non solo più virtuali (si narra, infatti, di cassette di sicurezza introvabili in Svizzera perché tutte esaurite).

L’indebitamento non è un male assoluto; se Torino non si fosse indebitata, oggi non avrebbe chance di farcela, se l’imprenditore non si fosse indebitato, la sua azienda non ci sarebbe, se molti genitori non si fossero indebitati, molti giovani non avrebbero potuto studiare.

Non siamo idealisti, anche se giocoforza dobbiamo semplificare. Ma se diciamo che la fiducia va misurata nella forza propulsiva della persona che ha fiducia, nella forza della sua scommessa, delle sue idee, nella sua biografia, diciamo, come Arturo Parisi rivolgendosi a Renzi a Firenze, che saper dire “io” significa dare valore oggettivo e misurabile al progetto.

La fiducia ha quindi due misure diverse. Da un lato quella – per tradurre dall’inglese – nel “futuro rendimento” che oggi viene valutata tantissimo dalla speculazione e da chi “ha paura” invece di avere coraggio. Dall’altro quella nella “ventura”, nel “rischio programmato” che oggi viene applicata sempre di meno, ma che ha condotto in Italia e nel resto del mondo alle grandi vittorie e dei capitani coraggiosi e dei popoli coraggiosi.

Citando Barba Spinelli, oggi su Repubblica riferita all’attendismo tedesco, “ci sono momenti nella storia in cui il peccato di omissione e di inerzia e più grave del peccato attivo, aggressivo. Proprio questo momento stiamo vivendo”.

Davide Ricca

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